Sul finire del XVIII secolo alcune famiglie calabresi provenienti da Bagnara migrarono in Sicilia. Fra di esse ve ne era una di commercianti, i Florio, che aprirono la loro prima drogheria in via Materassai a Palermo, commerciando in coloniali e tessuti pregiati. Nel giro di qualche decennio la famiglia Florio diventò la protagonista assoluta dell’economia siciliana, dando origine alla più grande società di navigazione italiana insieme alla famiglia genovese dei Rubattino, la “Navigazione Generale Italiana”. Diedero inoltre vita ad attività non strettamente attinenti al commercio marittimo, quali l’estrazione e la lavorazione dello zolfo e la produzione del famoso vino “Marsala”. Commerciavano anche in agrumi e sommacco, realizzarono la “Fonderia Oretea” sui locali dell’antico arsenale alla Cala, la “Tesoreria del Pegno”, il Cantiere Navale di Palermo, le Tonnare dell’Acquasanta e di Favignana.
L’immagine della famiglia Florio raggiunse il culmine della fama agli inizi del XX secolo, quando il loro nome, spesso in connubio con quello dell’architetto Ernesto Basile, diede origine ad un periodo aureo per la città di Palermo, che diventò una capitale del Liberty, capace di imporre uno stile di vita paragonabile solo alle più grandi città europee. Grazie alla famiglia Florio vennero edificati il Villino Florio all’Olivuzza, Villa Igea, Casa Florio all’Arenella, Villa Florio ai Colli. Venne istituita altresì la gara automobilistica “Targa Florio”, punto di riferimento per milioni di appassionati sparsi nei 5 continenti, che si svolgeva lungo un circuito sulle Madonie, nella provincia di Palermo. La famiglia annoverava, tra gli amici ospitati nel loro hotel o nella loro dimora, personaggi appartenuti alle più famose e blasonate dinastie europee nonché artisti di levatura mondiale: Vittorio Emanuele III, il Kaiser Guglielmo II, Gabriele D’Annunzio, Ruggero Leoncavallo, Enrico Caruso, Robert de Montesquiou, lo Zar di Russia, Edoardo VII d’Inghilterra, Re Alfonso XIII di Spagna, Re Costantino di Grecia, Guglielmo Marconi, Benito Mussolini, il Re del Siam, la regina di Romania, Sir Thomas Lipton, Edmondo de Amicis.
La fortuna che nel corso del tempo furono in grado di costruire, fu osteggiata mediante l’uso di tutte le pressioni economiche possibili; non gradita ai potentati economici e commerciali in auge nel nord Italia e ai loro riferimenti politici al governo centrale; casa Florio vide quindi un periodo di inarrestabile declino, determinato anche da alcune coincidenze e fatalità, quali l’evento bellico mondiale e la mancanza di eredi maschi nella famiglia. Con la morte dell’ultimo Florio si concluse pertanto, la “Primavera di Palermo”, un periodo unico nella storia siciliana che una famiglia di commercianti aveva saputo creare.
Tra le molteplici attività commerciali promosse dalla famiglia Florio, probabilmente la più importante ed economicamente impegnativa fu la costituzione di una flotta per il trasporto di merci e passeggeri. Cronologicamente il trasporto marittimo delle merci vide la luce per primo, come necessità per approvvigionare i loro depositi palermitani di spezie; successivamente, con l’intento di allargare i servizi erogati dalla propria flotta, i Florio ottennero dal Regno d’Italia l’autorizzazione ad impiantare un servizio stabile di trasporto di cose e persone attraverso le principali rotte italiane dell’epoca.
Vincenzo Florio nel 1848, in pieno periodo rivoluzionario, inizia ad intraprendere nell’armamento marittimo, un settore economico che diverrà primario nelle sue molteplici attività imprenditoriali. L’inizio è segnato dall’acquisto del suo primo battello a vapore, l’«Indipendente», successivamente ribattezzato «Diligente», che venne impiegato per i viaggi di collegamento tra i vari porti della Sicilia, su incarico del governo Borbonico.
A tal fine Vincenzo Florio, nel 1853, commissionò ai cantieri Thompson di Greenock il “Corriere Siciliano” (di cui è possibile vedere il modello all’Arsenale), nave a vapore dotata per la prima volta di cabine di 1ª e 2ª classe per il trasporto di passeggeri, con un motore di 180 HP capace di raggiungere la velocità di 12 nodi, con stazza lorda di 390 t, impiegata come postale sulla tratta Palermo – Napoli – Civitavecchia – Livorno – Genova – Marsiglia. Fu la capostipite della flotta per il trasporto passeggeri. Fu varato nel 1853, il battello era di 390 tonnellate di stazza lorda e 247 di tonnellate di stazza netta, con un motore che sviluppava una potenza di 180 cavalli per una velocità di 11 miglia orarie; fu realizzato con due ruote a pale laterali ed uno scafo composito in legno e ferro, secondo il classico stile costruttivo dell’epoca. Per Vincenzo Florio fu la prima unità moderna che facesse parte del suo armamento marittimo: era attrezzato con cabine di prima e seconda classe arredate elegantemente per i viaggiatori, fu affidato al comando del capitano Marco Davì, cominciando da subito ad operare sulla rotta Palermo-Napoli ed in seguito prolungò le sue tratte sino a Marsiglia, rimanendo in servizio per lunghi anni.
Nel 1856, sempre i cantieri Greenock varano il terzo battello della flotta Florio, l’«Etna», che svolgeva il servizio di collegamento tra i porti siciliani. Nel 1858 si aggiunse il quarto battello a vapore, l’«Archimede», che svolgeva il servizio postale tra i porti di Palermo, Messina e Napoli. L’«Elettrico», il quinto battello a vapore, entrò in servizio nel 1859, anch’esso svolse il compito di collegamento tra i porti siciliani.
La società di navigazione “Vincenzo Florio” operarono su incarico sia del Governo Borbonico che, successivamente, di quello Sabaudo, avendo riconosciuto quest’ultimo che le cinque unità erano tra le più moderne e veloci del Mediterraneo.
Negli anni a venire, con la progressiva espansione commerciale della famiglia, la flotta crebbe ulteriormente, anche attraverso l’annessione di altre compagnie, quali la “Trinacria”, la “Peirano & Danovaro” e il “Lloyd Italiano”, fino a contare ben 99 navi, numero massimo consentito dallo Stato italiano, pari alla somma dei navigli in forza a tutte le altre compagnie di navigazione iscritte al Registro Italiano.
Capitolo importante in questa fase espansiva, mentre i Florio muovevano i primi passi sulle rotte verso le Americhe, fu l’unione con la compagnia genovese Rubattino, affermata nelle tratte Medio-orientali ed asiatiche con linee perfettamente organizzate ed in pieno rendimento, dalla quale nacque la Compagnia “Navigazione Generale Italiana Florio – Rubattino”. La fusione delle due compagnie fu vista positivamente dagli ambienti politici e finanziari del tempo, in quanto rappresentava il più valido tentativo per contrastare il potere commerciale di analoghe compagnie francesi e austriache. Nella costituenda società confluirono inizialmente 45 piroscafi Florio e 38 piroscafi Rubattino.
Parallelamente alla flotta commerciale, all’apice della loro ricchezza, i Florio possedevano anche yacht privati, armati di tutto punto, che venivano anche messi a disposizione dei loro illustri ospiti per crociere nel Mediterraneo.
Dall’iniziale “Mary Queen” di Ignazio sr., poi venduto, si passò con l’omonimo figlio Ignazio jr., nel 1893, al possesso di sei yacht: “Sultana”, “Valkirie”, “Fieramosca”, “Franca” e “Aretusa” ai quali cui si aggiunse, dopo pochi anni, l'”Aegusa”, rivenduto successivamente a Sir Thomas Lipton il quale, apportate alcune modifiche, lo ribattezzò in “Erin”, il famosissimo yacht dal quale seguiva le regate di Coppa America.